E’ stata battezzata “Operazione Atacama” ed è di fatto la più vasta operazione di polizia nella storia italiana del contrasto al traffico illecito di piante grasse. Conclusa nelle scorse settimane, l’operazione portata avanti dai Carabinieri italiani in collaborazione con la Polizia cilena ha condotto al sequestro di un migliaio di cactus rari (quasi tutti appartenenti ai generi Copiapoa ed Eriosyce), buona parte dei quali sono poi stati rispediti in Cile per tentare il reintegro nel loro habitat naturale.
Le piante, oggetto di prelievi indiscriminati in natura e destinate al mercato nero del collezionismo senza scrupoli, sono di varie dimensioni e di varie età. Si stima che alcuni tra gli esemplari sequestrati abbiano fino a un secolo. Il valore totale delle piante sequestrate dai Carabinieri si aggira intorno al milione di euro. Va ricordato a questo proposito che il prelievo in natura e l’esportazione di piante è severamente proibito da leggi nazionali e da protocolli internazionali (ricordiamo ad esempio il CITES): questo, tuttavia, non impedisce da anni un fiorente mercato nero alimentato da veri e propri criminali e collezionisti che con l’amore per la natura non hanno nulla a che fare.
Ogni tanto, però, qualche buona notizia si registra, come in questo caso, e i colpevoli vengono individuati e perseguiti penalmente. L’operazione Atacama prende avvio nel 2020 da una segnalazione contro un collezionista di Senigallia (provincia di Ancona, nelle Marche): da qui sono partite le indagini dei Carabinieri, che hanno ricostruito i “movimenti” del collezionista, peraltro recidivo poiché già indagato nel 2013 per circa 600 cactus a lui destinati e sequestrati in dogana. Peccato che la vicenda del 2013 non abbia avuto conseguenze penali per il collezionista di Senigallia, dal momento che il tutto è finito in prescrizione per ritardi burocratici.
Non così è andata questa volta: dalla segnalazione del 2020 i Carabinieri hanno avviato le indagini che hanno permesso di appurare che l’uomo si è procurato le piante durante sette viaggi compiuti in Cile nel 2019. Prove schiaccianti sono state rinvenute sul cellulare dell’uomo, sequestrato insieme al passaporto, nel quale erano conservati scambi di messaggi relativi a possibili vendite illegali. Tra questi, anche alcune ricevute di un’azienda giapponese che avrebbe ordinato regolarmente piante prelevate in natura al collezionista di Senigallia.
Fondamentale, ai fini dell’individuazione della provenienza dei mille cactus sequestrati, è stato l’apporto di Andrea Cattabriga, titolare dell’azienda Mondocactus, presidente dell’Associazione per la biodiversità e la conservazione, nonché massimo esperto nazionale di piante grasse e organizzatore della più grande mostra mercato italiana di succulente, la Festa del Cactus a San Lazzaro di Savena (Bologna).
Qui trovate un’intervista che Cattabriga ha rilasciato tempo fa a Il fiore tra le spine.
A completare l’ottima notizia, il fatto che le piante sequestrate – forse per la prima volta in occasione di episodi di questo genere – sono state rispedite in Cile, loro luogo di origine. Normalmente, in occasione di sequestri di questa natura, infatti, le piante protette vengono smistate tra orti botanici oppure, nella peggiore ipotesi, vengono distrutte. In questo caso, invece, le Copiapoa e le Eriosyce (=Neoporteria) sequestrate sono state inviate all’Orto Botanico Città Studi di Milano per una sistemazione provvisoria. Successivamente, grazie all’interessamento di una Ong ambientalista (International Union for Conservation of Nature) e alla collaborazione dello stesso orto botanico di Milano, si è riusciti a raccogliere i fondi necessari per coprire le spese di spedizione delle piante in Cile. Ottantaquattro piante tra le mille sequestrate resteranno a Milano a scopo di studio, mentre circa cento sono nel frattempo morte. Le restanti 844 piante sono state rispedite in Cile: non sarà facile farle ambientare nuovamente e farle radicare, ma si tratta comunque di un segnale molto positivo e di alto significato simbolico.
La piaga del commercio illegale di specie protette è ben lontana dall’essere definitivamente sconfitta, ma operazioni come questa vanno accolte con grande favore dai veri appassionati di cactus e, in generale, dagli amanti dell’ambiente. Mille cactus molto rari di varie dimensioni ed età, alcuni anche vecchi di un secolo, sono stati sequestrati nella casa di un collezionista marchigiano che li aveva trafugati nel loro habitat naturale, il deserto di Atacama. Valore totale: un milione di euro sul mercato nero. Sarebbero stati venduti online a collezionisti italiani, greci, romeni. Piante rarissime la cui esportazione è proibita, come i generi Copiapoa e Eriosyce, che la botanica localizza solo in un migliaio di chilometri quadrati nel cuore del Cile: delle mille sequestrate al collezionista, 844 sono state restituite al Cile, da dove provengono.
“Il traffico di cactus – ha riportato il Corriere della Sera dando la notizia dell’operazione Atacama – è fitto come quello di altri beni naturali, corno di rinoceronte, avorio, e ha effetti devastanti. Delle circa 1.500 specie di succulente esistenti, il 30% è in via d’estinzione: la principale causa sono i raccoglitori di frodo. Alcune piante grasse hanno habitat circoscritti, anche solo un preciso costone calcareo nel deserto: tra le Copiapoa sequestrate a Senigallia le più grandi, delle dimensioni di un pallone da calcio, hanno impiegato un secolo a raggiungerle. Nessun Paese in America Latina permette di staccarle da terra, ma i controlli sono molto laschi. Secondo i botanici, l’aumento del traffico negli ultimi anni – e l’impennata in pandemia – è stato trainato da mode social: facili da mantenere, e anche da spedire senz’acqua né luce, sono tra le piante più fotografate su Instagram, una vera e propria moda”.
Nella foto in alto, alcune Copiapoa nella mia serra, tutte ottenute rigorosamente da seme. Nel testo, l’articolo dedicato dal Corriere della Sera alla notizia.
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Negli articoli online si trova anche nome e cognome di questo “collezionista”, dev’essere una bella soddisfazione… Come mio personale parere, ritengo molto bella l’idea di reimmettere in habitat le piante depredate, ma al contempo molto difficile, in quanto sicuramente saranno state estirpate senza molti complimenti e l’ambiente in cui vivono non lascia scampo. Oltre al fatto che se non ci sono dati certi sulle località di raccolta, si rischierebbe di fare altro danno mischiando le popolazioni.
Secondo me la soluzione migliore poteva essere affidarle ad un orto botanico cileno, ma sicuramente Cattabriga e gli altri esperti sanno quello che fanno.
Sì, sanno quello che fanno e sanno che il reintegro in habitat è molto incerto. Ma credo sia un segnale importante quello che si è voluto dare. Quanto al nome del collezionista, sì, lo stesso Corriere lo ha scritto. Io ho ritenuto di non riportarlo in quanto questo è un blog e non una testata giornalistica. Ma sono contento che i giornali abbiano fatto il nome: chi ha rispetto per la natura deve prendere le distanze da chi commette questi crimini.