Cosa sono i “polloni” dei cactus. E’ meglio toglierli o lasciarli? Influiscono sulle fioriture?

Gymnocalycium quehlianum pollonato

Cosa sono i polloni? C’è chi li chiama “rami” e chi li definisce “nuove teste”. C’è chi, più prosaicamente, li definisce “figli” della pianta madre. In tutti i casi si tratta di nuove “protuberanze” che spuntano attorno al corpo della pianta principale.

Nei cactus, così come nelle Agavi, è un fenomeno molto comune e se in alcune specie non accade mai, in altre succede molto facilmente anche con piante giovani. Attenzione: non stiamo parlando di semenzali nati al riparo del fusto della pianta madre da semi caduti da quest’ultima, ma di veri e propri nuovi corpi attaccati al fusto principale e che spuntano da quest’ultimo per poi crescere costantemente di dimensione. Il termine corretto è “polloni” e a chiunque coltivi cactus o abbia dato un’occhiata a questa famiglia di piante in un vivaio o in un orto botanico sarà capitato di osservare uno o più esemplari pollonati. Perché i cactus producono i polloni, quali generi sono più propensi a pollonare e quali meno? E ancora, la domanda più frequente: è vero che i polloni “rubano” energia alla pianta madre e ne riducono le fioriture? I polloni stessi possono fiorire? Altra domanda molto frequente: conviene lasciarli attaccati alla pianta madre o è meglio toglierli? Possono essere usati come talee per ottenere nuove piante identiche alla pianta madre e, in caso di malattia di quest’ultima, possono essere staccati per salvarla e riprodurla? 

In questo articolo approfondiamo il tema e diamo una risposta a tutte queste domande. (…)

Premessa sui polloni

Per inquadrare l’argomento partiamo dalla definizione di “pollone” tratta dal volumetto “Conoscere e Coltivare le Piante Succulente” edito nel 2005 dalla Associazione Italiana Amatori delle Piante Succulente (AIAS). Il glossario a fine opuscolo, alla voce “pollone” recita: “Ramo originato di solito da una gemma avventizia“. Integriamo la descrizione con quella data dalla Treccani online al termine “avventizio”, così da avere il quadro completo: “Si dice avventizio un organo che si forma lontano dall’apice vegetativo di asse e quindi su parti adulte; contrapposto a normale“.

Mammillaria giselae
Mammillaria giselae: i polloni conferiscono al fusto un portamento accestito (cliccare per ingrandire)

Restando all’ambito dei cactus, si può dunque affermare che i polloni altro non sono se non rami originati dal fusto principale. Rami nati da gemme avventizie, ossia non all’apice della pianta. Non a caso, i polloni sono sempre collocati alla base del fusto principale, crescono attorno a quest’ultimo e contribuiscono a conferire al cactus il portamento “accestito” che siamo abituati a vedere, ad esempio, negli Echinocactus, in molte Mammillaria, nelle Rebutia e nelle Sulcorebutia, giusto per limitarci a qualche esempio. Comunissimo, il fenomeno della pollonatura, è anche nelle Agavi: anche esemplari relativamente piccoli cominciano ben presto a produrre polloni attorno alla base, attraverso i quali è possibile moltiplicare facilmente la pianta.

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I polloni sono dunque rami, non piante autonome nate da semi originati dalla pianta madre, e nemmeno deformazioni del fusto. Si tratta di vere e proprie propaggini della pianta, che in questo modo si sviluppa e cresce. I polloni, infatti, sono attaccati alla pianta madre. In alcuni casi il punto di contatto è molto sottile e delicato, tanto che per staccare il pollone è sufficiente una lieve torsione dello stesso. In altri casi, specie dopo anni, il punto di contatto è robusto e per staccare il pollone è necessario tagliare.

La cosa interessante è che in moltissimi casi i polloni si comportano come rami “anomali”, nel senso che non si limitano a svilupparsi restando completamente dipendenti dalla pianta madre, ma producono loro stessi radici autonome. Accade in particolare in cactacee a portamento globoso e che grazie allo sviluppo dei polloni assumono col tempo un portamento accestito (es. Echinopsis). Veri e propri rami sono invece quelli prodotti generalmente dalle cactacee a portamento colonnare. Accade di solito in tempi molto lunghi e, in alcune specie, esclusivamente in natura, come per la Carnegiea Gigantea (il cosiddetto “Saguaro“).

Echinopsis oxygona pollonato
Echinopsis oxygona pollonato alla base (cliccare per ingrandire)

Negli anni mi è capitato di assistere, in particolare con gli Echinopsis, a un fenomeno particolare la cui causa non mi è nota: in esemplari pollonati ormai da tempo il fusto principale ha cominciato ad avvizzire per poi seccare del tutto. Al contrario, i polloni attorno alla pianta madre sono sempre rimasti in perfetta salute, tanto che mi è bastato staccarli e rinvasarli (col tempo avevano prodotto apparati radicali perfetti) per salvare così la pianta e al tempo stesso moltiplicarla. Tutte le piante alle quale è capitato questo fenomeno erano in salute e non oggetto di alcun attacco da parte di parassiti e il fusto centrale non presentava tracce di marciume (anche perché in quel caso lo avrebbe ben presto trasmesso ai polloni). Mi è sembrato piuttosto che il corpo centrale, esaurita la sua funzione di “produttore” di rami, avesse semplicemente terminato il suo ciclo vitale decidendo così di “togliere il disturbo” e lasciar crescere i discendenti… In questi casi, più che altro per un semplice fattore estetico, ho svasato la pianta, ho staccato i polloni e li ho rinvasati buttando il fusto centrale, ormai secco e morto.

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La funzione dei polloni nei cactus

I polloni, sempre restando alla famiglia delle cactacee, sono rami, come abbiamo visto, pertanto la loro funzione non è altra se non quella che consegue al normale sviluppo della pianta. Moltissime cactacee hanno inizialmente un portamento globoso, con un unico fusto. A un certo punto dello sviluppo, però, la pianta comincia a emettere uno o più rami, che col tempo si ingrossano fino a diventare di dimensioni pari (in molti casi, non sempre!) a quelle del fusto principale. Con gli anni i polloni aumentano, oltre che di volume, di numero e conferiscono alla pianta il tipico aspetto accestito. Anche in questo caso l’esempio più comune è l’Echinopsis.

Non è dunque corretto dire che i polloni servono alla pianta per moltiplicarsi, dal momento che sono attaccati al fusto principale e ne rappresentano solo un’estensione. E’ però evidente che se per qualche ragione (il passaggio di un animale, una tempesta, ecc.) un pollone si stacca, si allontana dalla pianta madre e comincia ad affondare le sue radici nel terreno, potrà svolgere la funzione di “riproduttore” della pianta. E’ esattamente ciò che possiamo fare noi staccando manualmente i polloni e rinvasandoli in contenitori separati così da avere più piante (ne parlerò più diffusamente più avanti).

Tutti i cactus pollonano prima o poi?

Assolutamente no. Non tutti i generi di cactacea sono portati a produrre polloni. Anche all’interno di uno stesso genere, vi possono essere specie che pollonano facilmente e altre che mantengono un unico fusto anche andando avanti con l’età (ad esempio il genere Mammillaria). Piante a fusto solitario e quasi mai pollonato sono, ad esempio, quelle appartenenti ai generi Ferocactus, Astrophytum, Echinocactus, Copiapoa, Epithelantha, Turbinicarpus, Ariocarpus, Ancistrocactus. Attenzione, si tratta di indicazioni di massima, perché in realtà qualsiasi cactacea poterebbe emettere polloni: se non lo fa per una questione genetica, potrebbe comunque farlo a causa di un fattore esterno. Il che ci porta ad un’altra domanda: i polloni possono dipendere da una crescita anomala?

Crescita anomala e polloni: le differenze

Stenocactus pollonato per danno apicale
Stenocactus pollonato all’apice a seguito di attacco parassitario (cliccare per ingrandire)

Anche cactacee che normalmente non produrrebbero polloni, se non in età molto avanzata, come accade con alcuni Echinocactus e alcune Copiapoa, possono pollonare a seguito di uno sviluppo anomalo del fusto principale. Questo fenomeno consegue sempre a un episodio di stress (ambientale o “meccanico”). In altre parole, la pianta reagisce a condizioni di coltivazione non idonee emettendo polloni (molto probabilmente per darsi più possibilità di sopravvivenza). Allo stesso modo e molto frequentemente, un cactus può cominciare a emettere polloni a seguito di un attacco di parassiti (cocciniglia, ragnetto rosso) o dopo un “trauma” meccanico come una botta (spostando o rinvasando una pianta può sempre capitare che ci sfugga di mano…). In tutti questi casi, soprattutto se il danno è nei pressi dell’apice, la pianta può assumere un portamento non conforme a quello tipico di quella specie e può emettere polloni. Mi è capitato parecchie volte con Astrophytum, Copiapoa, Turbinicarpus: piante che in condizioni normali non produrrebbero polloni se non in età molto avanzata.

E’ vero che le piante pollonate fioriscono meno?

Una delle convinzioni più diffuse tra appassionati di succulente è proprio questa: le piante pollonate non fioriscono o fioriscono meno rispetto alle piante a fusto singolo. Si tratta di una convinzione errata. E’ chiaro che i polloni assorbono acqua ed energie insieme alla pianta madre e che dunque sia l’acqua che le energie devono essere ripartite tra più “soggetti”, ma è altrettanto chiaro che, trattandosi di rami, tutto contribuisce alla causa comune, ossia allo sviluppo della pianta, sia essa accestita o a portamento solitario. Può accadere che nella fase iniziale, quando i polloni sono ancora piccoli, la pianta madre fiorisca meno copiosamente, ma teniamo conto del fatto che una volta che i polloni saranno cresciuti, cominceranno anche loro a fiorire, contribuendo al risultato d’insieme. 

Per quanto concerne la mia personale esperienza, in circa trent’anni non ho mai riscontrato riduzioni significative nella fioritura di piante pollonate. Ho parecchie piante dello stesso genere e della stessa specie e quando fiorisce un esemplare a portamento singolo fiorisce anche l’esemplare della stessa specie pollonato. In tutti questi casi la differenza nelle fioriture è minima o assente. In breve: non ho mai avuto piante singole con dieci fiori e piante pollonate (ovviamente della stesa specie e ottenute dalla stessa semina) con un solo fiore. Anzi, mi capita ogni anno che nel vaso rettangolare pieno di Echinopsis oxygona che tengo sul balcone di casa le ormai tantissime teste producano dai 15 ai 20 fiori per volta.

Una cosa, tuttavia, si può affermare con relativa certezza: la pianta pollonata ha una crescita meno vigorosa e più “lenta” rispetto alla pianta senza polloni. A parità di genere e specie, insomma, se l’esemplare è attorniato da polloni, nel complesso la crescita sarà meno evidente, poiché ripartita su più corpi. Se la pianta è a portamento solitario, è chiaro che concentrerà tutte le energie sull’unico fusto, col risultato che la crescita ci apparirà più evidente e più veloce.

Dobbiamo tenere i polloni o possiamo staccarli?

Quando si parla di cactus e di polloni, una delle domande più comuni è: meglio tenerli o staccarli? Se ci pensiamo bene è una domanda il cui unico senso può rientrare nella sfera estetica. Che un cactus produca polloni perché ha subìto un danno o che li produca semplicemente perché decide che è ciò che deve fare, non cambia la sostanza: la pianta sta semplicemente seguendo il corso della natura. 

Copiapoa gigantea pollonata
Polloni alla base di una Copiapoa gigantea (cliccare per ingrandire)

L’unica risposta alla domanda “è meglio lasciare i polloni o toglierli” non può che essere: è una questione estetica. Se preferite la pianta con il fusto solitario, potete togliere i polloni e usarli come “talee” per riprodurre la pianta stessa. Se invece la pianta vi piace accestita, lasciate fare alla natura. Attenzione, però: nel caso voleste togliere i polloni, fatelo solo se si staccano facilmente dalla pianta madre. Se è necessario tagliare, ad esempio perché il pollone è molto vecchio e il punto di congiunzione col fusto principale è ampio, è necessario tagliare esattamente come faremmo con una talea, dunque con una lama disinfettata e avendo cura di cospargere le ferite con polvere cicatrizzante (anche la comune cannella in polvere va bene), sia sulla pianta madre che sul pollone.

Al netto del fattore estetico, che per quanto mi riguarda abbraccia anche quello “filosofico”, nel senso che preferisco lasciar fare alla natura, esattamente come accadrebbe con l’esemplare nel suo habitat, ci possono essere due validi motivi per staccare tutti i polloni (o alcuni soltanto). Se un pollone sta marcendo, ad esempio, è ovvio che dovremo toglierlo al più presto per evitare che trasmetta il fungo alla pianta madre o agli altri polloni. Allo stesso modo, ma a parti invertite, se il fusto principale sta marcendo o è avvizzito, sarà meglio staccare tutti i polloni e salvare almeno quelli.

Il secondo motivo per il quale può essere una buona idea staccare uno o più polloni è la veloce riproduzione della pianta. In questo caso è sufficiente attendere che il pollone sia ben formato e abbia emesso le sue radici. A quel punto potremo staccarlo e avere così uno o più cloni della pianta madre.

Come riprodurre le piante grasse per pollone

Echinopsis oxygona polloni staccati
Polloni di Echinopsis pronti per il rinvaso (cliccare per ingrandire)

La riproduzione attraverso i polloni è di fatto una riproduzione per talea: si usa un pezzo della pianta per ottenerne un clone. Con i polloni è tutto più semplice perché (se non abbiamo fretta) si tratta di piante già formate e radicate. La procedura è molto semplice, soprattutto se effettuata in fase di rinvaso e con la pianta madre svasata. E’ sufficiente staccare il pollone facendolo ruotare sul suo asse finché il punto di congiunzione con il fusto principale non cede. Se il “collegamento” con la pianta madre è saldo sarà necessario tagliare di netto con un cutter. Una volta staccato il pollone, lasciamo la pianta madre in un luogo arieggiato ed evitiamo di annaffiare e nebulizzare per almeno una decina di giorni, così che la ferita cicatrizzi. La stessa cosa faremo con il pollone: lasciamolo in un luogo ombreggiato e all’aria, così che il punto di congiunzione con la pianta madre si asciughi del tutto, esattamente come le radici. Dopo una settimana o due, sarà sufficiente rinvasare il pollone in comune terriccio per cactus e attendere ancora qualche giorno prima di annaffiare.

Il periodo migliore per queste operazioni, trattandosi di riproduzione della pianta, è la primavera inoltrata, dopo che la pianta ha ripreso a vegetare. In questa stagione i polloni saranno attivi e attecchiranno facilmente. L’operazione è sicuramente da evitare durante l’inverno, a meno che non sia necessaria per salvare la pianta madre o il pollone stesso.

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Paolo03

Ciao, sono Paolo ho acquistato online un Echinopsis Hibrido e ricevuto in regalo una Sulcorebutia Hibrido, oggi li ho piantati e visto il caldo di questi giorni ti chiedo quanto tempo devo aspettare prima di bagnare. Attendo risposta ti ringrazio e saluto.

Barbara85

Ciao, ero preoccupata per la mia mammillaria perchè non sapevo se staccare i polloni oppure no ma grazie al tuo articolo mi sono chiarita le idee. Più che altro mi chiedo: ma quelli che vedi nella foto sono polloni? Tu hai parlato di polloni che nascono alla base della pianta, nella mia non sono alla base ma in cima e sul corpo. Credo che, nel mio caso, la nascita di questi strani polloni sia dovuta al fatto che la pianta aveva subito una scottatura un paio di anni fa quando ancora non sapevo come si coltivavano i cactus. Infatti da… Leggi il resto »

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