Piante grasse, succulente, cactus: che confusione… Impariamo a chiamare le nostre piante col giusto nome!

Cactus, piante grasse, piante succulente: molto spesso chi non ha ancora grande esperienza con questo mondo considera sinonimi questi termini, utilizzandoli senza distinzione per indicare un Ferocactus come un’Euphorbia o una Crassula. Le differenze tra un cactus e una succulenta, tuttavia, sono notevoli e per coltivare al meglio quelle che da sempre sono chiamate genericamente piante grasse è importante conoscere queste  fondamentali differenze.

La definizione “piante grasse” è tanto diffusa quanto efficace per indicare un gruppo botanico più o meno definito. Tuttavia, nel linguaggio comune, di questi tempi è sufficiente scorrere i social per rendersene conto, si parla di piante grasse in continuazione, senza operare alcuna distinzione tra una famiglia botanica e l’altra. Se infatti la definizione comune rende bene l’idea (piante grasse, ossia dai fusti panciuti o dalle foglie carnose), al tempo stesso non rende giustizia alle precise regole botaniche della classificazione e contribuisce indirettamente a creare più confusione che altro. Parliamo di piante grasse indicando un’Aloe, oppure l’Adenium obesum, un Ferocactus, un Lithops, una Euphorbia, una Crassula, una Mammillaria, una Stapelia o un’Agave. La definizione è efficace, su questo non si discute, e al tempo stesso aiuta a circoscrivere un preciso gruppo di piante, ma attenzione: occorre poi saper entrare un minimo nel dettaglio e riconoscere quantomeno le principali famiglie di queste “piante grasse” (più correttamente dette “piante succulente”) per poterle coltivare bene. Le esigenze di coltivazione (esposizione, annaffiature, substrato ecc.) che intercorrono tra un Ariocarpus (che è un cactus) e una Echeveria (che è una Crassulacea), ad esempio, sono molto diverse. Ecco perché è importante sapere che “piante grasse” è solo un termine generico e di uso comune, ed ecco perché è importante saper entrare poi – almeno quel che basta – nel dettaglio per distinguere subito un cactus da un’Euphorbia, una Crassula da un Lithops, una Stapelia da un’Agave, un Sempervivum da un Sedum, una Sansevieria da una Schlumbergera, giusto per citare esempi di piante che molto probabilmente, se vi piacciono le succulente, potreste avere a casa.

In questo articolo vediamo dunque cosa sono le cosiddette “piante grasse” e impariamo a entrare nel dettaglio delle più importanti famiglie botaniche solitamente ricomprese nella definizione comune (o “volgare”, inteso come “dal volgo”, dal popolo) che anche molti appassionati non più alle prime armi usano ancora indistintamente. In tutto questo ci aiuterà il testo ma anche la ricca gallery fotografica che mostra le distinzioni tra una famiglia e l’altra (…)

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Coda di scimmia, dedos de muerto, peyote, biznaga: come nascono i nomi comuni delle succulente

Tutti gli appassionati di cactus e succulente hanno dimestichezza con nomi e nomignoli come “cuscino della suocera“, “albero di giada“, “sassi viventi“, “cappello del vescovo“, “Natalina“, “Peyote“. Ma che ne dite di “unghia di strega“, “dedos de muerto“, “estrella de la tarde“, “traveler’s friend“, “collana di perle“, “lingua del diavolo“, “blue barrel“, “ruga del deserto“? La classificazione botanica risponde a precisi criteri scientifici e ci aiuta ad orientarci tra le varie famiglie di piante, succulente o meno, suddividendole in famiglie, generi, specie, sottospecie, varietà, ecc. In parallelo, però, da sempre è pratica comune in tutto il mondo attribuire “nomignoli” alle piante. Sono i cosiddetti nomi comuni o nomi “volgari” (da “volgo”, popolo). Nomi popolari o nomi vernacolari, potremmo dire. E in questo ambito la fantasia umana ha avuto modo di esprimersi ampiamente, riflettendo anche da un punto di vista sociale, storico e culturale le caratteristiche dei popoli. Basti un esempio: quello che in Italia è stato battezzato “cuscino della suocera” per via della sua forma a “pouf” per nulla invitante a causa delle forti spine, nel mondo anglosassone è noto come “golden barrel“, ossia botte d’oro. Due definizioni diverse, insomma, per la stessa cactacea, l’Echinocactus grusonii: una connotata dalla pungente ironia italica, l’altra dal pragmatismo britannico. Gli esempi sono pressoché infiniti e, oltre a rivelarsi una interessante chiave di lettura di quella che possiamo definire “l’anima dei popoli”, possono divertire, stupire, incuriosire. Possono indurre domande e possono insegnare.

Nell’articolo che segue, ecco un’ampia raccolta dei più diffusi nomi comuni attribuiti nel mondo a cactus e succulente con la spiegazione delle possibili ragioni circa la scelta del “nomignolo”. L’elenco è in ordine alfabetico: per ogni nome botanico sono indicati i vari nomi comuni. Questo mio articolo è stato inoltre tradotto e pubblicato sulla rivista Cactus World, edita dalla BCSS (British Cactus & Succulent Society), in particolare sul volume 40 No. 3 del mese di Settembre 2022. Il mio ringraziamento va all’editore, Al Laius. (…)

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Globosa, colonnare, accestita, ricadente: tutte le forme che i cactus possono assumere

Anche limitandoci alla sola famiglia delle Cactaceae, le forme che le piante grasse possono assumere sono tantissime. Possiamo avere la classica forma globosa, sferica, poi quella colonnare, e ancora, le forme accestite, quelle ricadenti, quelle cespugliose. In questo video vediamo le forme principali (le più diffuse in coltivazione) per cominciare a orientarci.

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