La marna come substrato per i cactus: è davvero il Sacro Graal dei cactofili?

La marna è una particolare roccia terrigena molto friabile, al punto che è possibile romperla con le mani ottenendo scaglie e polvere. Negli ultimi decenni molti coltivatori di cactus hanno sperimentato l’uso della marna come base per il substrato, ottenendo eccellenti risultati. Al netto di questo, la marna è purtroppo molto difficile da reperire: in commercio si trova sporadicamente ma occorre fare attenzione perché, come la terra di campo, non tutti i tipi di marna vanno bene. In natura il prelievo di materiale è vietato e occorre rivolgersi a imprese di movimento terra. Ma come influenza la crescita dei cactus la presenza di marna nel substrato? In quali quantitativi può essere usata la marna? Con quali generi di cactus la marna funziona e con quali è meglio non utilizzarla?

L’utilizzo della marna come componente del substrato per la coltivazione di cactus è diffuso ormai da anni, in particolare in Italia, soprattutto grazie agli studi e alle ricerche condotte dall’amico Andrea Cattabriga, coltivatore, ricercatore ed esperto di succulente a livello internazionale. Ma di cosa parliamo, quando parliamo di marna? Molto banalmente, di una roccia grigiastra e altamente friabile, al punto da sfaldarsi in scaglie fino a diventare polvere. Unita in determinati dosaggi ad altri materiali come quarzite, pomice, sabbia, ghiaia, lapillo, torba, terra di campo, la marna è usata per creare substrati per la coltivazione di molti cactus e di alcune piante succulente.

In questo articolo approfondiamo i benefici dell’utilizzo della marna nella coltivazione dei cactus, vediamo come realizzare un buon substrato a base di marna e cerchiamo di capire, soprattutto, con quali generi di cactacee può funzionare questo materiale e con quali va invece evitato. (…)

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Rinvasare i cactus in inverno: ecco perché e quali sono i vantaggi di questa scelta

Il rinvaso dei cactus e delle succulente è fondamentale per accompagnare la crescita e lo sviluppo delle piante. Con il tempo, infatti, le radici della pianta colonizzano interamente il vaso e non hanno più la possibilità di estendersi, causando un rallentamento nella crescita della pianta. Inoltre, dopo alcuni anni il substrato, sfruttato dalla pianta, si impoverisce dal punto di vista dei nutrienti. Certamente è possibile integrare questi ultimi con concimazioni regolari, ma il rinvaso resta il metodo migliore per fornire alla pianta terriccio fresco e darle più spazio.

Premesso che è possibile rinvasare cactus e piante succulente in quasi tutti i mesi dell’anno, da più di quindici anni effettuo questa operazione durante l’inverno, tra dicembre e febbraio. All’occorrenza, ad esempio in caso di pianta in sofferenza o nuovo acquisto, rinvaso anche in primavera o in piena estate. Non rinvaso quasi mai in autunno, perché in questo periodo le piante cominciano a rallentare la crescita per avviarsi alla stasi invernale e preferisco evitare di “disturbare” questo processo naturale, dal momento che per una pianta un rinvaso è comunque sempre un piccolo trauma.

Esaminiamo i vantaggi del rinvaso di cactus e piante succulente durante l’inverno nell’articolo che segue, premesso che ogni coltivatore può avere il suo metodo e rinvasare le sue piante nel periodo che preferisce. Quello descritto è semplicemente quanto ho potuto osservare in questi anni di coltivazione rinvasando principalmente nei mesi invernali, un po’ per comodità un po’ per sfruttare il periodo di stasi delle piante, che subiscono così un minore “trauma” poiché, per quanto effettuato correttamente e con la massima cautela, il rinvaso rappresenta pur sempre un momento di stress per qualsiasi tipo di pianta. (…)

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Lophophora williamsii, il cactus “fuorilegge” in Italia: facciamo chiarezza sulla normativa

Sì, si può coltivare ma non vendere. No, non si può coltivare né vendere. Sì e no: si possono coltivare solo esemplari giovani perché dopo sette o otto anni la pianta produce la famigerata mescalina e diventa illegale (quindi va incenerita???). Sì, si può tenere ma solo se acquistata prima del 2006, perché è da quell’anno che la pianta è stata inserita nel testo unico sulle droghe. Sulla coltivazione della Lophophora williamsii, cactacea conosciuta anche come “peyote”, negli ultimi anni in Italia si è detto di tutto e il contrario di tutto e questo anche perché, come spesso accade, la nostra normativa è farraginosa, lacunosa, oscura e, dal punto di vista logico, talvolta anche poco coerente. Ad esempio: nelle tabelle allegate al testo di legge italiano sulle droghe si parla della sola Lophophora williamsii, quando gli esperti di cactus sanno benissimo che di Lophophora, oltre alla williamsii, esistono diverse altre specie: decipiens, diffusa, fricii, koehresii, alberto-vojtechii.

Per un genuino appassionato di cactacee, il genere Lophohpora è certamente tra i più interessanti ed affascinanti. A maggior ragione il veto posto sulla commercializzazione e sulla coltivazione di questa pianta è un peccato dal punto di vista strettamente botanico, anche perché questi cactus hanno un aspetto molto accattivante, con fusti globosi di un bel colore azzurro/verde, privi di spine e con ciuffi lanosi in corrispondenza delle areole. I loro fiori sono piccoli e di colore solitamente rosa pallido (in alcune specie sono di colore fucsia o giallastro) e sbocciano all’apice per tutta l’estate.

In questo articolo vediamo in dettaglio cosa dice esattamente la normativa italiana sulla Lophophora williamsii affidandoci alle fonti ufficiali e conosciamo meglio questo particolare genere di cactacea. (…)

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Coltivazione spartana in pieno sole, e i risultati si vedono: piante sane e spine robuste

Coltivare i cactus è semplice ma coltivarli facendo sì che possano esprimere al massimo le loro potenzialità in termini di spine e fiori richiede una certa esperienza e alcune conoscenze di base. Un metodo di coltivazione molto efficace per ottenere esemplari robusti, piante sane e con spine spesse e forti è la coltivazione spartana, detta anche naturale o “wild”, che limita l’intervento umano al minimo indispensabile e fa sì che le piante assumano un aspetto simile a quello che hanno nei loro habitat.

Le temperature sono ancora sopra le medie stagionali, ma l’estate è sfumata e l’autunno è in marcia. Come ogni anno, alla fine di settembre ho cominciato a preparare la mia serra ai mesi freddi. Niente di trascendentale, giusto qualche lavoro di pulizia, trasloco di piante dall’esterno all’interno, un controllo all’impianto di riscaldamento e un paio di passate di rame a scopo preventivo per mantenere sane le piante. Il resto lo faranno le piante stesse, disidratandosi a seguito della sospensione delle annaffiature da metà settembre (d’ora in avanti annaffierò giusto qualche succulenta a foglia e, sporadicamente, CopiapoaEriosyce fino a fine ottobre) e cominciando a produrre il loro “antigelo” naturale all’interno dei tessuti e dei fusti. 

Questo è un buon periodo per verificare lo stato di salute delle piante e, nel mio caso, per “tirare qualche somma” sugli esiti della coltivazione spartana alla quale ho sottoposto diversi esemplari, come spiego nell’articolo che segue. (…)

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Cactus senza radici: come intervenire per salvare la pianta e farla tornare in piena salute

I cactus sanno essere piante capricciose. Può capitare, infatti, che nonostante tutte le cure che dedichiamo a una nostra pianta grassa, questa blocchi la vegetazione, smetta di produrre spine e fiori e, nell’arco di alcune settimane (o mesi in alcuni casi), cominci a deperire sgonfiandosi e ingiallendo. Non sempre, all’origine di questo fenomeno, c’è una vera e propria patologia, come un attacco batterico che a sua volta innesca un marciume. Allo stesso modo, la causa potrebbe non necessariamente essere riconducibile ad un attacco parassitario. Osservando bene la pianta, ad esempio, potremmo non riscontrare affatto tracce di ragnetto rosso o cocciniglia, vale a dire i due principali parassiti delle succulente. Con l’esperienza ho imparato che quando una pianta, anche all’apparenza sana (ossia non colpita da parassiti o batteri) e coltivata nelle migliori condizioni (luce, aria, annaffiature, terriccio, ecc.) comincia a deperire sgonfiandosi e ingiallendo nonostante le annaffiature, è sempre buona norma svasarla e controllare lo stato di salute dell’apparato radicale. Più spesso di quello che possiamo pensare, il problema può nascondersi lì, al di sotto del colletto.

In questo articolo vediamo tutto quello che possiamo fare per salvare un cactus o una pianta grassa in evidente difficoltà oppure quando, dopo averla svasata, constatiamo che ha perso interamente o parzialmente le radici. (…)

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