La forza della Natura: storia di una mia Opuntia in piena terra, morta e… rinata

Da un esperimento fallimentare a una bella sorpresa. Ecco cosa ho scoperto nei giorni scorsi all’esterno della mia serra, in una zona dove passo raramente: una pala di Opuntia spuntata tra la vegetazione spontanea ormai secca. Il Nord Italia non è certamente la zona ideale per la coltivazione di piante succulente all’esterno, a causa soprattutto degli inverni freddi, umidi e piovosi. Tuttavia, diverse succulente possono adattarsi e sopravvivere anche qui in Pianura Padana, come le Agavi e alcune Opuntia. E’ per questo che un paio di anni fa ho voluto fare un esperimento di coltivazione (uno dei tanti che faccio regolarmente), collocando in piena terra, accanto alla mia serra, una pala ben radicata di Opuntia (credo si tratti della specie ficus-indica). Tempo un anno e a metà del primo inverno la pianta è marcita. Ha cominciato con un ingiallimento lungo i bordi, proseguito con l’annerimento della parte apicale e con l’espansione del marciume fino alla base. In primavera, preso atto del fallimento, non ho fatto altro che tagliare di netto la pala marcita al livello del terreno, per poi ricoprire tutto con normale terra di campo. Qualche giorno fa, con mia sorpresa, ho scoperto che la pianta non era affatto morta. Anzi, con la tenacia e l’attaccamento alla vita che è proprio delle cactacee, l’Opuntia è rinata e ha dato vita a un nuovo “articolo” (le cosiddette “pale”), che immagino essere temprato e pronto ad affrontare il nuovo inverno con più chances della pala originaria.

Ma andiamo per ordine e raccontiamo la storia dall’inizio nell’articolo che segue. (…)

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Coda di scimmia, dedos de muerto, peyote, biznaga: come nascono i nomi comuni delle succulente

Tutti gli appassionati di cactus e succulente hanno dimestichezza con nomi e nomignoli come “cuscino della suocera“, “albero di giada“, “sassi viventi“, “cappello del vescovo“, “Natalina“, “Peyote“. Ma che ne dite di “unghia di strega“, “dedos de muerto“, “estrella de la tarde“, “traveler’s friend“, “collana di perle“, “lingua del diavolo“, “blue barrel“, “ruga del deserto“? La classificazione botanica risponde a precisi criteri scientifici e ci aiuta ad orientarci tra le varie famiglie di piante, succulente o meno, suddividendole in famiglie, generi, specie, sottospecie, varietà, ecc. In parallelo, però, da sempre è pratica comune in tutto il mondo attribuire “nomignoli” alle piante. Sono i cosiddetti nomi comuni o nomi “volgari” (da “volgo”, popolo). Nomi popolari o nomi vernacolari, potremmo dire. E in questo ambito la fantasia umana ha avuto modo di esprimersi ampiamente, riflettendo anche da un punto di vista sociale, storico e culturale le caratteristiche dei popoli. Basti un esempio: quello che in Italia è stato battezzato “cuscino della suocera” per via della sua forma a “pouf” per nulla invitante a causa delle forti spine, nel mondo anglosassone è noto come “golden barrel“, ossia botte d’oro. Due definizioni diverse, insomma, per la stessa cactacea, l’Echinocactus grusonii: una connotata dalla pungente ironia italica, l’altra dal pragmatismo britannico. Gli esempi sono pressoché infiniti e, oltre a rivelarsi una interessante chiave di lettura di quella che possiamo definire “l’anima dei popoli”, possono divertire, stupire, incuriosire. Possono indurre domande e possono insegnare.

Nell’articolo che segue, ecco un’ampia raccolta dei più diffusi nomi comuni attribuiti nel mondo a cactus e succulente con la spiegazione delle possibili ragioni circa la scelta del “nomignolo”. L’elenco è in ordine alfabetico: per ogni nome botanico sono indicati i vari nomi comuni. Questo mio articolo è stato inoltre tradotto e pubblicato sulla rivista Cactus World, edita dalla BCSS (British Cactus & Succulent Society), in particolare sul volume 40 No. 3 del mese di Settembre 2022. Il mio ringraziamento va all’editore, Al Laius. (…)

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Le spine dei cactus: a cosa servono e perché si è passati dalle foglie agli aculei

Così come si riscontra un’ampia variabilità di forme e colori nelle foglie delle specie botaniche in generale, che possono presentarsi piatte, carnose, aghiformi, ovate, cuoriformi, lanceolate, ecc., altrettanta varietà troviamo nelle spine delle cactacee. Nel corso dei millenni l’evoluzione ha portato a un ventaglio di forme e colori notevole, con aculei che possono avere consistenza cartacea oppure elastica e finissima o, ancora, presentarsi rigide, tozze e corte, lunghe e larghe, piatte o affusolate, acuminate, uncinate, di colore nero, grigio, bianco, rosso, giallo. In linea generale possiamo dire che i cactus sono le uniche piante ad essere dotate di spine, dal momento che in altri esemplari del mondo botanico non è del tutto corretto parlare di vere e proprie spine. Pensiamo alle comuni rose: quelle che noi chiamiamo spine sono in realtà escrescenze che si producono lungo gli steli, alternandosi alle foglie, delle quali i cactus sono invece privi. Dunque, cosa sono esattamente le spine e come sono arrivate le cactacee a evolversi con queste “armi” lungo il fusto? A quale funzione assolvono gli aculei nei cactus? Perché alcuni sono acuminati mentre altri sono uncinati? E perché esistono anche cactacee del tutto prive di spine?

A tutte queste domande diamo una risposta nell’articolo che segue (…)

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Echinocactus e Ferocactus, due generi di cactacee con spine per veri intenditori

Se siete amanti delle spine i generi Echinocactus e Ferocactus sono i più indicati per voi. Entrambi i generi raggruppano specie dal portamento inizialmente globoso e col tempo tendente al brevicilindrico. Le spine di queste piante sono sempre robuste, lunghe, spesso piatte e larghe e, nel caso dei Ferocactus, terminano con un uncino. Sono cactacee molto robuste e di facile coltivazione ma richiedono il massimo della luce. Esemplari di Ferocactus ed Echinocactus perfettamente coltivati rappresentano un vero e proprio gioiello della Natura!

Piante robuste e di facile coltivazione, le specie appartenenti ai generi Echinocactus e Ferocactus possono raggiungere dimensioni notevoli anche se tenute in vaso. Si tratta di cactacee molto diffuse e apprezzate, in particolare dagli amanti delle spine “importanti”. La loro coltivazione è semplice e la fioritura in alcune specie avviene dopo 6-7 anni dalla semina. In altre specie, ad esempio Echinocactus grusonii, il cosiddetto “cuscino della suocera”, per poter vedere i fiori occorrono almeno 30 anni, purtroppo!

Ecco, in questo articolo, alcune tra le specie più interessanti di questi due generi e qualche considerazione in merito. (…)

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Operazione Atacama: un bell’esempio di lotta contro il traffico illecito di cactus

E’ stata battezzata “Operazione Atacama” ed è di fatto la più vasta operazione di polizia nella storia italiana del contrasto al traffico illecito di piante grasse. Conclusa nelle scorse settimane, l’operazione portata avanti dai Carabinieri italiani in collaborazione con la Polizia cilena ha condotto al sequestro di un migliaio di cactus rari (quasi tutti appartenenti ai generi Copiapoa ed Eriosyce), buona parte dei quali sono poi stati rispediti in Cile per tentare il reintegro nel loro habitat naturale.

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