Con cactus e piante succulente si può dire che ci è letteralmente cresciuto. Fin da piccolo bazzicava il vivaio gestito dalla nonna, dove le “piante grasse” abbondavano. “Incidevo le Euphorbia obesa con l’unghia e tutte le volte restavo colpito da quel lattice bianco che producono“, ricorda ridendo. Da allora, anche per Mario Del Panta gli anni sono passati e quello che prima era il lavoro della nonna è oggi il suo lavoro, oltre che una delle sue principali passioni. Un destino per certi versi “segnato”, anche perché siamo a Bordighera, nel tratto della Liguria a un passo dalla Costa Azzurra francese, un’area che vanta uno dei migliori microclimi di tutta Europa e qui le piante succulente te le ritrovi praticamente ovunque. E’ qui che Mario ha il suo vivaio, costituito da varie serre – serre di una volta, in ferro e vetro, affascinanti e cariche di storia – ed è qui, letteralmente a due passi dal mare (in linea d’aria tra le sue serre e la spiaggia non corrono nemmeno 30 metri) che Mario porta avanti la sua attività commerciale di produttore e grossista.
Nel “racconto” e soprattutto nelle foto che seguono, ecco un piccolo viaggio tra piante insolite, piante per veri appassionati e “semplicemente” esemplari meravigliosi di 40 o 50 anni d’età. (…)
Meglio chiarirlo subito: Mario, che vedete nella foto in alto tra alcune delle sue piante, non vende direttamente ai privati, rifornisce altri vivaisti specializzati in succulente. Le sue serre non sono pertanto aperte al pubblico e a maggior ragione considero un privilegio averle esplorate con tutta calma, anche perché non stiamo parlando di comuni cactus e piante grasse “da supermercato”: qui il livello è molto alto, moltissime delle piante che Del Panta riproduce e coltiva sono da collezione e tra i clienti dell’azienda agricola condotta da Mario ci sono fior di vivaisti specializzati. Anche per questo, in subordine al piacere di averlo conosciuto personalmente, per me è stata una grande fortuna poter visitare le sue serre e osservare direttamente le sue piante ascoltando Mario che me ne raccontava la storia. Sì, perché dietro ogni pianta, a partire da quelle ereditate dalla nonna (ho ancora impressa l’immagine di quegli Astrophytum enormi, esemplari unici), c’è una storia, un dettaglio, un particolare. E Mario quella storia la sa raccontare. Con pochi aggettivi, diretto, con la tipica inflessione ligure, il sorriso e la battuta pronta, ma soprattutto col calore e la passione di chi ama quel che fa tutti i giorni.
Le serre
Siamo in una delle zone migliori in tutta Europa per la coltivazione di cactacee e succulente. Il vivaio è infatti a Vallecrosia (provincia di Imperia), attaccato a Bordighera, in quel tratto finale della Liguria che conduce alla Costa Azzurra francese. Qui, tra Bordighera e Ospedaletti, pare essersi creato un microclima unico, come mi è stato spiegato al Giardino Esotico di Pallanca (qui l’articolo sulla mia visita), con temperature perfette per moltissime piante succulente, che possono vivere senza alcun problema all’aperto in piena terra. Un po’ ovunque, tanto sulla costiera quanto nei paesi, si possono osservare esemplari imponenti di Agavi, Opuntia, Echinocactus, Aloe.
Appena varcato il cancello d’ingresso alle serre di Mario, a due passi dal mare, sulla destra si è accolti da uno splendido esemplare di Chorisia di cui Mario va molto orgoglioso. E ha le sue ragioni per andarne orgoglioso, dal momento che non si tratta propriamente di una pianta che passa inosservata (oltre al fatto che in Italia e in Europa non la si vede certo tutti i giorni…). La Chorisia Speciosa o Ceiba Speciosa, è un vero e proprio albero dal fusto succulento, che in natura può raggiungere i venti metri d’altezza. Il tronco, largo e panciuto, è punteggiato da tozze spine e la pianta è originaria delle zone tropicali e sub-tropicali del Sud America. Così come il Baobab, appartiene alla famiglia delle Bombacaceae (Malvaceae).
Ecco, pensate che in quel di Vallecrosia (Imperia) un esemplare di questa pianta cresce serenamente in piena terra appena fuori dalle serre di Mario e avrete forse un’idea del clima invidiabile che caratterizza quest’area. Un altro esemplare di grandi dimensioni di questa pianta, mi ha spiegato Mario, si trova in un noto vivaio specializzato situato a Ventimiglia, ossia pochi chilometri più in là, in direzione Francia.
Poco oltre la Chorisia, accanto all’ingresso vero e proprio della prima serra, un’altra particolarità. Una vecchia vasca da bagno – sì, proprio quelle di un tempo, bianca, imponente e larga – è stata trasformata in enorme vaso/fioriera in cui affondano le radici alcuni Ferocactus e alcune Espostoa. Le pareti esterne della vasca sono abbellite con il disegno di alcuni cactus e il nome del profilo Instagram di Mario (profilo che consiglio di visitare e che trovate a questo link). Sulla curva al lato sinistro della vasca si appoggia, quasi fosse un ospite stanco in attesa di riprendere il fiato, un enorme esemplare di Ferocactus herrerae in vaso. Il tutto, per colore, inventiva e curiosità della “composizione” rimanda al Messico, al senso pratico dei suoi abitanti e a quel tocco di semplicità, ironia e propensione al surreale o quantomeno all’inedito che caratterizza questo popolo.
Il re degli Astrophytum
Appena varcata la soglia della prima serra il coltivatore con un minimo di esperienza impara al volo una cosa: a Mario piacciono gli Astrophytum. Anzi, dire semplicemente che gli “piacciono” è riduttivo. Parlando direttamente con lui e proseguendo la visita non c’è bisogno di grande immaginazione per rendersi conto che l’amore per questo particolare genere è notevole e di Astrophytum Mario sa veramente tutto. Ora, spesso i puristi e gli appassionati della coltivazione “wild”, ossia il più naturale possibile, storcono il naso di fronte alle cosiddette “cultivar”, vale a dire piante ottenute tramite una particolare selezione effettuata dall’uomo e dunque non esistenti in natura. Il genere Astrophytum è tra quelli maggiormente oggetto di selezione e creazione di ibridi e cultivar, molto apprezzati e venduti in particolare sul mercato orientale. Non nascondo che fino a qualche anno fa io stesso mi tenevo alla larga dalle cultivar: ho sempre prediletto (e tuttora prediligo) le piante per come si presentano in natura, tanto da coltivarle in maniera spartana proprio per avere esemplari il più possibile simili a quelli in habitat. Con gli Astrophytum però… ci sono cascato anche io e col tempo qualche cultivar (“onzuka“, “super-kabuto“, “kikko” ecc.) è finita anche nella mia serra.
Che dire, qualche eccezione ci deve sempre essere e per quanto mi riguarda le varie ibridazioni, chimere, varietà e cultivar ottenute con gli Astrophytum sono esteticamente dei piccoli capolavori. Per rendersene conto è sufficiente guardare gli esemplari in foto nella gallery alla fine di questo articolo e apprezzare i particolari disegni presenti sul fusto dei myriostigma “onzuka” così come dei “super-kabuto”, oppure le “bozze” sui fusti dei myriostigma “kikko”.
Ecco, in fatto di Astrophytum e allargando lo spettro alle cultivar, non si può negare che Mario Del Panta sia un vero “re”. E’ preparato, informato e portato alla sperimentazione e alla ricerca dell’esemplare unico. Sa dirti se un esemplare di pochi anni (inizialmente simile a qualsiasi altro Astrophytum) è promettente o meno, se insomma assumerà forma e colore di questa o quella cultivar. Questo perché la caratterizzazione delle piante, in particolare di quelle ibridate o modificate, richiede tempo e dal semplice semenzale è difficile capire esattamente che forma assumerà il fusto, a meno che non si abbia, per l’appunto, grande esperienza e dimestichezza con il genere. Tornando più genericamente al campo degli Astrophytum, con ogni probabilità anche in questa “passione nella passione” c’è l’impronta della nonna, dal momento che in un bancale più centrale spiccano esemplari di Astrophytum (soprattutto myriostigma, ornatum) di grosse dimensioni. Sono piante antiche, uniche, meravigliose; piante che non si vedono certo tutti i giorni e che Mario ha ereditato appunto da sua nonna. Ovviamente, queste non si toccano né si vendono, e non solo per l’ovvia ragione affettiva, ma anche perché da queste piante Mario ricava semi con i quali riprodurre i suoi Astrophytum o, semplicemente, semi da vendere.
La produzione di semi
Un’altra importante parte del lavoro dell’azienda Del Panta è infatti la produzione di semi da destinare alla vendita o da usare per ottenere nuove piante per il vivaio. Molti bancali sono infatti adibiti a “nursery” e letteralmente “scoppiano” di piantine. Quando è il momento, con estrema pazienza, tutte le semine vengono estratte e rinvasate in vasetti singoli. Anche in questo Mario è uno sperimentatore (certo, aiutato dal clima ligure, questo va detto) e mi ha insegnato che in determinate zone la semina a luce e calore naturale si può fare in più periodi dell’anno e non solo in primavera. Settembre, ad esempio, è un buon mese… a patto di avere condizioni climatiche favorevoli come quelle offerte dalla Liguria (e, immagino, da regioni del Sud come la Sicilia, tanto per dirne una).
Al di là della propensione di Mario per la produzione di semi, per la creazione di incroci e per la semina, colpiscono anche la sua inventiva e quel tocco di “surreale” che fa molto Messico cui ho già fatto cenno… Sì, perché a metà del percorso il padrone di casa mi ha mostrato anzitutto dove “stocca” i pacchetti di semi: in un vecchio frigorifero spento. Si apre lo sportello e dove sarebbe normale attendersi di vedere cibi e bevande compaiono invece pacchi e pacchi di semi contrassegnati, catalogati, sigillati in buste trasparenti. Tutto ben ordinato e suddiviso. Poco oltre, ecco la seconda, simpatica, “attrazione”: la macchina per separare i semi dalla polvere, dai residui di polpa e da impurità varie. E’ un “armamentario” di discrete dimensioni, realizzato artigianalmente e collegato al soffione di un vecchio aspirapolvere. In breve: si fanno cadere dall’apertura in alto i semi sommariamente puliti e ben asciutti e la macchina, complice la forza di gravità, fa il resto. E il bello è che l’operazione è interamente visibile perché il macchinario è concepito come una sorta di “videogioco” verticale chiuso da una lastra trasparente dietro la quale i semi cadono dall’alto verso il basso attraversando un percorso, un po’ come in una sorta di labirinto, mentre l’aria sparata dal vecchio soffione spinge da un lato i semi e dall’altro le impurità. Dal foro di uscita collocato in basso a sinistra escono i semi, in quello di destra si concentrano i residui secchi di polpa e le impurità.
Succulente e altro
La visita prosegue nelle altre serre, dove oltre ai cactus spicca un buon numero di piante succulente, curate principalmente dalla compagna di Mario. Una fila di bancali (tutti rigorosamente realizzati con materiali di recupero) ospita un gran numero di cactacee che da qualche tempo Mario lascia all’aperto tutto l’anno. Sopra questi bancali infatti non c’è copertura e qui la coltivazione si fa “wild”. Si fanno ammirare alcune Matucana di dimensioni notevoli e d’età ragguardevole. Se nelle serre di Mario la parte del leone è indiscutibilmente degli Astrophytum, non mancano, soprattutto tra le cactacee, altri generi ben rappresentati e con esemplari notevoli. Ho visto bellissimi Echinocereus (in particolare un E. maritimus con spine eccezionali riprodotto per talea in buon numero di esemplari), una bella fornitura di Echinocactus texensis, poi Parodia (Notocactus) leninghausii a formare una distesa dorata lungo interi bancali. E ancora, Ferocactus, Neoporteria e Gymnocalycium (tra i quali alcuni esemplari di cardenasiaum della varietà armatum che Mario conta di riprodurre attraverso impollinazione).
Quanto alle succulente in generale, il panorama è altrettanto variegato e abbondano esemplari di Euphorbia, Echeveria, Sedum, Crassula, Pleiospilos e molto altro ancora.
Senza dilungarmi oltre e ricordando che le serre di Mario Del Panta non sono aperte alla vendita al dettaglio, lascio che a parlare siano le foto scattate da Alessandra durante la nostra recente visita e ringrazio Mario per la calorosa accoglienza e per la sua disponibilità.
La gallery
Cliccate sulle foto per ingrandirle e guardarle a scorrimento.
Tutte le foto a corredo di questo articolo sono di Alessandra Montemurro: @alle.grafica
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