Che i cactus siano un piccolo miracolo della Natura, da un punto di vista “evoluzionistico” e per quanto concerne l’ingegnosità delle piante, è un fatto noto a chiunque abbia approfondito un minimo le caratteristiche e le capacità di questa famiglia botanica. Il loro modo di accumulare riserve idriche, di adattarsi a condizioni estreme e di escogitare soluzioni “creative” per far fronte alle avversità insite nei loro luoghi di origine è unico e sofisticato. In una parola, affascinante. E come spesso accade, l’uomo osserva la Natura e ne trae spunto per ricavare soluzioni a problemi o, semplicemente, per tentare di migliorare la propria condizione. Un curioso caso che segue queste dinamiche è stato recentemente riportato da alcuni siti internazionali specializzati e riguarda la produzione di idrogeno, che proprio grazie ai cactus, sebbene indirettamente, potrebbe rivelarsi economicamente più abbordabile.
Ecco in dettaglio di cosa si tratta (…).
“La pianta di cactus ispira la produzione di idrogeno economicamente vantaggiosa” è il titolo di un articolo recentemente apparso sul sito Hydrogen Central (raggiungibile tramite questo link), che a sua volta sintetizza quanto apparso sulla rivista ACS Applied Materials & Interfaces.
“Più di 100 anni fa – ricostruisce Hydrogen Central nell’articolo del 17 maggio 2023 -, gli scienziati hanno scoperto come trasformare l’acqua in idrogeno gassoso, un’energia verde altamente desiderata che è stata soprannominata ‘il carburante del futuro’. Nonostante questa svolta, l’idrogeno non si è affermato come fonte di combustibile dominante“. Questo perché, si legge ancora nell’articolo, “la scomposizione dell’acqua in idrogeno può essere inefficiente e costosa e il processo di trasformazione, chiamato elettrolisi, rimane imperfetto”.
Ed è qui che cominciano a entrare in gioco le nostre amate piante. Sì, perché sempre secondo quanto riporta l’articolo, “gli ingegneri dell’Università del Texas a El Paso hanno proposto un materiale a basso costo a base di nichel per aiutare a scomporre l’acqua in modo più economico ed efficiente. La loro ispirazione? Una succulenta del deserto conosciuta come fico d’india (Opuntia ficus indica; ndr)”.
Non che la cactacea che tutti conosciamo sia direttamente utilizzata allo scopo, ma è da questa, in particolare dai meccanismi che regolano la gestione dell’acqua da parte della cactacea, che i ricercatori hanno avuto l’ispirazione per mettere a punto un metodo economicamente vantaggioso per arrivare all’elettrolisi. Osserva in merito Ramana Chintalapalle, professore di ingegneria meccanica UTEP che ha guidato lo studio: “Questo è il design ispirato alla natura in laboratorio. Hai questa pianta con una superficie estesa che può assorbire l’umidità e sopravvivere in ambienti estremi. Abbiamo pensato, come possiamo incorporare questo nella nostra ricerca?“.
In sostanza, precisa ancora l’articolo, “l’elettrolisi è il processo di scissione dell’acqua con l’elettricità e un elettrocatalizzatore, un materiale che accelera qualsiasi reazione chimica. Le attuali tecniche per dividere l’acqua si basano molto sul platino come catalizzatore, che ha i suoi svantaggi“. Ebbene, se il platino è il materiale principalmente utilizzato per aiutare a dividere l’acqua, il problema sta nel costo di questo metallo, che è anche superiore a quello dell’oro. Fatto, questo, che non rende possibile utilizzare il platino su larga scala. “Abbiamo bisogno di un catalizzatore economicamente più sostenibile in modo che ogni paese possa ragionevolmente adottare l’idrogeno“, ha infatti commentato Ramana Chintalapalle.
Il team ha dunque condotto esperimenti con il nichel, utilizzato al posto del platino, dal momento che il nichel è un metallo presente in abbondanza sul nostro pianeta ed è molto più economico rispetto al platino. L’altro lato della medaglia è rappresentato dal fatto che il nichel non è particolarmente rapido ed efficace nella funzione di scomporre l’acqua in idrogeno. Ed ecco arrivare la soluzione… spinosa: Navid Attarzadeh, uno studente di dottorato in scienze ambientali e ingegneria, “ha notato per la prima volta il fico d’india mentre camminava verso il laboratorio di ricerca sui materiali avanzati dell’UTEP“. “Ogni giorno passavo davanti a questa pianta – ha dichiarato lo studente – e ho iniziato a collegarla al nostro problema con il catalizzatore. Ciò che ha attirato la mia attenzione è stata la grandezza delle foglie (i cladodi; ndr) e dei frutti rispetto ad altre piante del deserto; il fico d’india ha una superficie straordinaria”.
E’ a quel punto che in Attarzadeh è scoccata la scintilla: “E se progettassero un catalizzatore 3D a base di nichel a forma di fico d’india? La superficie più ampia potrebbe ospitare più reazioni elettrochimiche, creando più idrogeno di quanto normalmente possa fare il nichel“. Detto fatto, “Il team ha rapidamente progettato la struttura su scala nanometrica, invisibile all’occhio umano, e l’ha messa alla prova”, fa sapere Hydrogen Central, riportando quanto dichiarato dal professor Chintalapalle: “Abbiamo testato ripetutamente la capacità del catalizzatore di dividere l’acqua e abbiamo ottenuto buoni risultati“. E questa, ha aggiunto lo scienziato, “è una scoperta fondamentale“, sebbene il processo necessiti di ulteriore perfezionamento. “Il gas idrogeno – ha aggiunto Chintalapalle – può trasformare la tecnologia energetica per il nostro paese, senza generare emissioni di gas serra. La nostra impronta di carbonio potrebbe essere eliminata; dobbiamo continuare a perseguire questo obiettivo“.
Il progetto di ricerca, informa infine Hydrogen Central, è stato sostenuto tramite una sovvenzione del programma Partnerships for Research and Education in Materials (PREM) della National Science Foundation. Un altro segnale, insomma, che l’ispirazione arrivata proprio grazie all’Opuntia è stata fondamentale.
E se grazie ai cladodi dei comuni fichi d’India si produce già da tempo una pelle vegana e dunque a basso impatto ambientale (qui trovate l’articolo), in questo caso questa stessa pianta ha suggerito agli scienziati la via da seguire per abbattere i costi e proseguire sulla strada della valorizzazione dell’idrogeno, una fonte d’energia decisamente più sostenibile.
Ancora una volta, la Natura (e in questo caso i cactus) hanno ispirato l’uomo.
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