I primi cactus a finire tra le mie mani sono stati tre piccoli colonnari. Vasetto da 5 centimetri, le classiche piante da supermercato. Erano un regalo e venivano dallo store di un noto marchio svedese, dove vendono piantine alle casse, neanche fossero soprammobili. Era all’incirca il 1996, o giù di lì. Da totale ignorante in materia, ho cercato di prendermi cura di quelle strane piante. E, qualche mese più tardi, mi sono ritrovato con tre cactus clamorosamente eziolati. E io che pensavo a una crescita miracolosa!
Un piccolo manuale sulle piante grasse – altro regalo ricevuto più avanti nel tempo – mi ha fatto capire che non ero sulla strada giusta (a proposito: se cercate consigli su buoni libri che trattino cactus e succulente, qui trovate alcune recensioni). Voglio dire, tra le mie piante, che nel frattempo erano diventate una dozzina, e quelle fotografate nel libro, ci passava un treno di differenze. Così mi son deciso a dare una letta a quel manuale, oltre che a sfogliarlo e a guardare le foto. E qualcosa ho capito. Ad esempio che i cactus vogliono un sacco di sole (ma va’?), e che coltivarli su un davanzale esposto a Nord non è propriamente consigliabile.
Da quei primi, tragici passi son passati parecchi anni e la mia passione per queste piante non ha fatto che crescere. Dal davanzale esposto a Nord sono passato a due balconcini (esposti a Sud!), poi a una piccola serra. Infine, da alcuni anni, a una serra professionale di sei metri per dieci in aperta campagna. Tempo un paio di anni ed era già piena anche questa serra, senza contare che moltissime piante le tengo al di fuori della struttura. Ma chi condivide questa passione lo sa: o decidi di mollare tutto e ti dedichi ad altro o sei condannato a riempirti la vita (e magari la casa) di spine, terriccio, vasetti, libri e riviste che dicono tutto e il contrario di tutto sulle “succulente”.
Durante i primi anni ho coltivato i miei cactus (e qualche succulenta a foglia e qualche Agave e qualche Lithops e qualche Euphorbia…) in maniera tradizionale. Anzi, all’inizio usavo quei terricci pronti che dicono essere specifici per piante grasse ma che alla fine non sono altro che torba al 90% e, se ti dice bene, un 10% di pomice (se non sabbia). Poi, leggendo qua e là, sono passato al terriccio “tradizionale”, il classico torba/pomice/lapillo in parti uguali. Nel frattempo, però, mi sono procurato e letto “Le mie piante grasse“, di Giuseppe Lodi. E’ a quel punto che mi si è aperto un mondo, con il capostipite dei cactofili italiani che parlava “banalmente” di materiali naturali come terra di campo, ghiaia, terriccio di foglie.
Per farla breve, grazie anche ad Internet, arrivato anche lui nel frattempo, mi sono documentato e ho cambiato stile di coltivazione. Ho visto foto di piante in natura e ho visto piante in habitat in occasione di qualche mio viaggio in Messico, Arizona, California, Sierra Nevada, poi ho scoperto e conosciuto di persona Andrea Cattabriga, degnissimo erede del Lodi, e la sua coltivazione “wild” portata avanti a palate di marna. Infine, tramite Facebook (e in seguito di persona) ho conosciuto diversi bravissimi cactofili accomunati da uno scopo: coltivare cactus e piante grasse in modo che somiglino il più possibile alle piante in habitat.
Risultato? Da diversi anni ho abbracciato la “filosofia wild” e, a mio modo, guardando al risultato più che a dogmi e contro-dogmi (in questa nicchia di appassionati c’è davvero di tutto e ciò che va bene per uno può rappresentare un’eresia per un altro) semino e coltivo cactus cercando di ottenere piante naturali, robuste e simili a quelle che si vedono là dove crescono spontanee (a questo link trovate un mio articolo riassuntivo sulla coltivazione di cactus e succulente in generale). In questo sito è di tutto questo che cercherò di parlare, con testi integralmente originali, frutto di mia elaborazione intellettuale e da me scritti (pertanto coperti da diritto d’autore): di come coltivo le mie piante, dei materiali che uso, degli esperimenti che faccio. Dei miei risultati e dei miei fallimenti. Non solo: visto che per ventura o sventura sono giornalista professionista, ho pensato di usare questo blog anche come “magazine” per tutti i cactofili. Per questo cercherò di far parlare (senza alcuno scopo promozionale e a titolo gratuito sia per me che per loro, sia chiaro) anche altri coltivatori, collezionisti, esperti del settore, vivaisti.
Buona navigazione e buona coltivazione, possibilmente “al naturale”… e ricordate che mi trovate anche su TikTok, Youtube, Instagram e Facebook!
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