Plastica, terracotta, quadrati o tondi? Come scegliere i vasi per i cactus e le succulente

I vasi per la coltivazione di cactus e e piante grasse possono essere di infinite forme, colori, dimensioni, altezze e realizzati in svariati materiali. Una prima distinzione va fatta tra i vasi quadrati e quelli rotondi. I vasi quadrati sono utilizzati da vivaisti e collezionisti perché, a parità di volume rispetto ai vasi tondi, permettono di risparmiare notevolmente gli spazi. Al netto di questo la corretta scelta del vaso è di fondamentale importanza e ogni materiale ha i suoi pregi e i suoi difetti. Dunque: quali vasi usare per i cactus e le piante grasse?

Di plastica o in terracotta? Rotondo, quadrato, basso o profondo? E ancora: meglio una sola pianta per vaso o più piante in un’unica cassetta o in un’ampia ciotola? A prima vista l’argomento può sembrare banale, ma la scelta del vaso corretto per la coltivazione di cactus e piante succulente ha un’innegabile incidenza sull’esito della coltivazione. La scelta del vaso, si può dire, è anzi strettamente connessa al tipo di coltivazione che adottiamo per le nostre piante (in casa, su un balcone, in serra, in piena aria, ecc.) e ai vari elementi che la caratterizzano, come annaffiature, tipo di substrato, esposizione, temperature, e molto altro ancora.

Vediamo allora in questo articolo, al netto di scelte prettamente estetiche e quindi personali, come scegliere i giusti contenitori per la coltivazione delle succulente, valutando pro e contro delle varie forme e dei vari materiali con cui sono realizzati i vasi reperibili in commercio. (…)

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Macchie sul fusto e marciumi, ecco cosa si può fare per salvare le succulente e i cactus malati

Tutte le piante, anche se curate alla perfezione, possono prima o poi essere soggette a marciumi o ad attacchi di parassiti come la cocciniglia o il ragnetto rosso. La corretta coltivazione e la prevenzione rimangono le armi principali contro le malattie delle piante, ma in casi di gravi infestazioni o di marciume del fusto o delle radici sono necessari interventi, talvolta drastici, e trattamenti con prodotti biologici o chimici.

Macchie scure circoscritte, macchie giallastre, seccume, decolorazione dei fusti, arrossamenti, piccoli tagli: con il tempo, sul fusto delle cactacee possono comparire segni di varia natura e di varia ampiezza. In alcuni casi non c’è di che preoccuparsi, perché si tratta di piccole ferite causate ad esempio dalle spine di una pianta vicina, oppure perché si tratta semplicemente dei segni conseguenti all’invecchiamento della pianta. In altri casi, invece, è necessario intervenire subito, perché quella macchia è magari dovuta a qualche patologia fungina destinata ad ampliarsi fino a deturpare gravemente o a uccidere la pianta. Ma come distinguere un’innocua cicatrice da puntura di spina, ad esempio, da un pericoloso marciume? Come capire se quella decolorazione del fusto è causata dall’esposizione repentina della pianta al sole diretto o da una carenza di nutrienti, o, ancora, dall’inizio di un attacco fungino? E come intervenire per contenere il danno o salvare la pianta quando il danno è già conclamato?

E’ quello che vedremo in questo articolo, con l’aiuto di una serie di fotografie che ritraggono diverse situazioni e diverse patologie. Alcune foto sono state scattate da lettori de Il fiore tra le spine e ritraggono loro piante: ringrazio questi lettori per aver accettato di condividere con me le loro foto, collaborando così alla realizzazione dell’articolo che segue. (…)

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La famiglia delle Asclepiadaceae: succulente africane con fiori bellissimi ma… puzzolenti

Quella delle Asclepiadaceae è una delle famiglie di piante succulente più importanti. E’ originaria dell’Africa e raggruppa molte specie apprezzate e diffuse in commercio. La particolarità di queste piante è la spettacolare fioritura, che ha però un grosso “contro”: i fiori emanano un pessimo odore, un odore di carne in putrefazione!

Nonostante siano ormai passati più di vent’anni, ricordo ancora perfettamente il mio primo incontro con una Asclepiadacea. Da pochi anni mi ero avvicinato al mondo delle piante grasse e un giorno andai a visitare un vivaio alle porte della mia città. Ero intento a curiosare tra le succulente già da un bel po’ quando la titolare del vivaio, una signora su di età ma molto baldanzosa, evidentemente accortasi di me e dei miei interessi in fatto di piante, mi si avvicinò e mi disse: “La vuoi vedere una pianta grassa con dei fiori bellissimi?“. Risposi che sì, chiaro che la volevo vedere, così mi fece percorrere uno stretto corridoio ingombro di piante e mi indicò una grande succulenta in un vaso appeso. Aveva spessi fusti carnosi e dritti di colore verde con i bordi rossastri e da uno di questi fusti pendeva un enorme fiore a forma di stella con le punte allungate e sottili, con i petali di colore giallo sfumato attraversati da piccole striature scure. “Avvicinati, senti che buon profumo“, mi disse la signora passando da un sorriso trattenuto a una risata aperta, grassa, non appena obbedii e subito mi ritrassi, disgustato da quell’odore di carne putrescente che da quel fiore mi era entrato dritto nel naso.

Ecco, se da un lato ancora oggi mi piacerebbe vedere la mia espressione subito dopo aver annusato quel fiore, d’altro lato lo scherzo di quella vivaista ha impresso per sempre nella mia memoria il mio primo incontro con una Stapelia (nella fattispecie una Stapelia gigantea), ma soprattutto con il suo fiore, tanto bello e appariscente quanto terribile, disgustoso in fatto di odore. E d’altra parte è questa la caratteristica principale di quasi tutte le piante appartenenti alla famiglia delle Asclepiadaceae (scritto anche Asclepiadacee): i loro fiori, si tratti di quelli di piccole dimensioni dei Piaranthus o di quelli enormi di certe Stapelia, puzzano tremendamente. L’odore che emanano è quello della carne in putrefazione, in particolare, e c’è un motivo ben preciso se la Natura ha scelto così per loro.

Vediamo allora perché questa ampia famiglia di succulente è condannata a produrre fiori con splendide forme, incredibili striature eppure terribilmente maleodoranti. Conosciamo meglio le Asclepiadaceae, i vari generi appartenenti a questa famiglia originaria dell’Africa e impariamo a coltivarne correttamente le varie specie. (…)

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Due prodotti molto utili per tenere in salute cactus e succulente: Olio di Neem e “rameico”

Come proteggere e curare i cactus e le piante grasse da malattie e parassiti? In primo luogo attraverso la prevenzione, che passa per una coltivazione corretta e spartana. Quando però una pianta è attaccata seriamente da un parassita o è colpita da un fungo si può ricorrere ai fitofarmaci disponibili in commercio. E’ importante ricordare che i prodotti chimici per le piante hanno un pesante impatto sull’ambiente e sulla nostra salute. Esistono tuttavia prodotti a basso impatto ambientale che si sono rivelati molto utili per contrastare parassiti e malattie.

Molti appassionati di cactus e succulente sono convinti che la coltivazione di queste piante implichi necessariamente l’uso di prodotti chimici contro malattie e parassiti. Altri considerano l’uso di questi prodotti semplicemente come una componente della coltivazione cui ricorrere in determinati casi; altri ancora non vanno troppo per il sottile e a costo di avere piante in salute sono disposti a distruggersi i polmoni, a far strage di api e ad ammorbare l’ambiente. Parlare a questi ultimi è utile quanto cercare di convincere un agorafobico a farsi una passeggiata in un deserto. Ma queste persone, in fondo, coltivano per collezione e non per amore della Natura o per sincera passione per le piante. A tutti gli altri può invece essere utile questo articolo, frutto della mia esperienza personale e dunque da non considerare alla stregua di una “lezione” in senso assoluto. L’esperienza mi ha portato a ridurre drasticamente l’utilizzo dei cosiddetti “fitofarmaci” o “fitosanitari” (tra i quali non rientrano i fertilizzanti), in special modo quelli tossici e di sintesi. Ho intrapreso questo percorso ormai da alcuni anni per ragioni di tutela della salute (la mia in primis) e dell’ambiente circostante, considerato che molti fitofarmaci hanno, tra i vari effetti collaterali, quello di uccidere le api. Discorso, quello relativo alla morìa di api, che se può sembrare di poco conto a chi non è informato, ma ha in realtà un’importanza enorme a livello globale dal punto di vista ambientale.

Vediamo allora in questo articolo come è possibile ridurre l’uso di pesticidi e fungicidi, limitarsi a prodotti a nullo o basso impatto ambientale come l’olio di Neem e l’ossicloruro di rame e avere comunque cactacee e succulente forti e sane. (…)

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Naturale o “da balcone”? Ecco come cambia un cactus a seconda del tipo di coltivazione

Coltivare i cactus è, nel complesso, semplice. C’è però un’enorme differenza tra coltivare e far sopravvivere una pianta grassa e coltivarla in modo che possa esprimere al massimo le sue potenzialità. A titolo di esempio, la differenza tra un cactus coltivato in casa e un cactus coltivato in modo spartano, con molta luce e un corretto regime di irrigazioni è enorme. 

Quando si dice che una foto rende meglio di tante parole. In questo caso le foto sono tre, ma il concetto non cambia e la differenza tra un cactus coltivato in modo “naturale” o “wild” e uno coltivato “da garden”, sulla base di nozioni e convinzioni basilari è piuttosto evidente. Le piante in questione sono dei Ferocactus latispinus ottenuti da una mia semina del 2012. Da quella stessa semina ho ottenuto almeno una quarantina di piante. Negli anni alcune le ho cedute, ma la maggior parte è ancora con me e crescono meravigliosamente. E’ importante precisare che si tratta di piante nate da semi contenuti in un unico frutto (regalo di un caro amico), seminati lo stesso giorno e coltivati nel corso degli anni in identiche condizioni, ossia nella mia serra, in terriccio standard (pomice, lapillo e torba in parti uguali), annaffiati e fertilizzati con identica frequenza. Questo per dire che le condizioni di partenza, comprese quelle genetiche e compresa la mano del coltivatore, sono identiche. Eppure, come si vede dalla foto in alto, dove le tre piante (tre a caso delle circa venticinque che ho tenuto per me) sono affiancate, presentano differenze notevoli, quantomeno per l’occhio attento e per il coltivatore con un minimo di esperienza.

Vediamo allora come e perché differenti regimi di coltivazione, intesa nel suo complesso e non limitata al solo terriccio, influiscono così tanto sul risultato finale e fanno veramente la differenza tra un cactus cresciuto e coltivato in un qualsiasi garden o vivaio generico e un cactus coltivato da un appassionato o da un esperto. (…)

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